mercoledì 9 luglio 2008

E’ in atto un processo inflazionistico nel mondo dell’arte contemporanea?





















Dai tempi passati sino ad ora, si è reso palesemente evidente un aumento vertiginoso di artisti, i movimenti artistici si sono gonfiati, esplosi e suddivisi in ulteriori affluenti e in svariate forme d’arte.
La grande e massiccia produzione artistica è riversata dovunque; nei musei e nelle gallerie, all’interno di enoteche e ristoranti, nelle fiere, nelle mostre personali e collettive, nei club e associazioni, nei circuiti televisivi, sui siti on-line, sulle riviste, nei negozi (persino sulle bancarelle dei mercati).
Dalla trasgressione e contaminazione degli antichi canoni figurativi, sono scaturite nuove "forme" d’arte, con dubbia creatività, con assenza di tecnica ed estetica.
Il Novecento è stato il secolo della sperimentazione, dall'abbandono del figurativismo tradizionale al passaggio di correnti artistiche apportanti linee forme e colori "libere e istintive".
Si afferma quindi una tendenza artistica definita Informale, che mette in evidenza un caratteristico atteggiamento di profonda sfiducia nei valori tradizionali della razionalità e della conoscenza. Sembra che i maestri del passato, con le grandi risorse creative e tecniche tramandate sino a noi, non contino più nulla.
Gli elementi tradizionali di espressione; linee, colori, profondità, figura, perdono significato.
Il rifiuto della ragione porta al rifiuto della forma, comunque essa sia, figurativa e non figurativa, e l'atto creativo coincide con l'agire. L'Informale per il rifiuto dell'immagine ottenuta attraverso regole consolidate e per la ricerca di immediatezza e istintività espressiva, si riallaccia all'Impressionismo tanto da essere definito anche "Impressionismo astratto" per il rifiuto della tradizione culturale. Prendono sempre più piede la pittura d'azione, la segnica e il materico, il concettuale. Sono espressioni di particolari stati d'animo dell'uomo in un mondo che è stato sconvolto dalla guerra e che è incerto sul futuro. Sembra che l'uomo attraverso l'artista, non ponendo più fiducia nella ragione, si affidi all'istinto e al caso, e che inevitabilmente trasmette attraverso queste nuove forme d’arte.
In presenza del vastissimo oceano di artisti, non esiste un criterio troppo affidabile di scelta, lo dimostra il fatto che l’artista figurativo (pittore e scultore) è immeritatamente svalutato, spodestato da colui che possiede dubbie o nulle capacità tecniche, creativo/artistiche e comunicative, posizionato come "emergente" per oscuri fini commerciali mossi dal mercato "burattinaio".
Per antonomasia o per fortuna allo stato attuale, esiste ancora una cultura artigiana dell’arte, in quanto la stragrande maggioranza di artisti presenti in territorio europeo ricerca assiduamente spazi espositivi atti a consentire la visibilità, la presentazione e la vendita delle loro opere.
Se valutiamo l’attuale ed evidente crisi in campo del lavoro, sempre più incerto, (ora è in uso il termine "flessibilità") non è poi così improbabile (anzi, è già in corso) la creazione graduale di un libero sub-mercato da parte di singoli, gruppi e movimenti artistici che creano con le loro opere, un settore parallelo al mercato ufficialmente riconosciuto. Un mercato che sta crescendo in modo vertiginoso ed esponenziale.
Questo sub-mercato si muove con regole organizzative semplici ma occultate e, con l’ausilio della tecnologia a disposizione e liberamente usata degli artisti, vengono utilizzati tutti i mezzi di divulgazione espositiva sulla rete Internet.
L’artista telematico non è più un attore singolo che opera per mezzo del suo solo genio e, come nel mondo reale esistono stili e correnti di pensiero che influenzano la produzione artistica, in questo mondo virtuale, l’artista trae stimolo e spunto per la propria attività dal lavoro di altri artisti appartenenti e "non" al suo stesso universo artistico.
In relazione all’evidente "menefreghismo" esistente identificato sul nostro territorio; le nostre risorse antiche e culturali lasciate a loro stesse, i nostri siti storici e i musei, il processo in atto descritto sino ad ora denuncia un iter inflazionistico dell’arte ufficialmente commercializzata dai grandi mercati "di parte", un’inflazione che potrebbe colpire coloro che tengono i delicati fili del business, dell’economia connessa alla divulgazione dell’arte contemporanea.
Il tempo degli orinatoi, dello sterco in scatola, dei sacchi di tela di juta, dei buchi, delle colature materiche, delle latte di vernice gettate sulle tele, dei tagli… sta per volgere al suo termine, esattamente come volgono alla fine i miti e i mostri sacri contemporanei, fautori e sostenitori dell’arte "vacua", vuota e senza merito.
In parole povere, si sta verificando una grande esplosione dinamica del "fai da te" movimentata da tutti coloro che, promuovendo la propria produzione d’arte o essendo addetti al lavoro creativo, provocano a loro volta libere dinamiche di mercato, ma con radici che nel tempo possono diventare profonde e di culto, destabilizzando nel tempo, leggi "mercatarie" movimentate dal grande business, che sono vecchie, limitative, logore e vetuste destinate ad una lenta ma inevitabile radicale estinzione.
E’ un dato di fatto, che i nostri mercati sono inondati di prodotti orientali di bassa lega artistica smerciati a basso costo. L’artista italiano è obbligato a fare i conti con tale realtà, anche se l’Italia, artisticamente non ha nulla da invidiare al resto del mondo, in quanto la qualità del nostro prodotto artistico vanta a buon merito, la definizione all’Italia di "culla dell’arte".
L’arte tornerà al suo antico status, alle botteghe d’arte, ai laboratori creativi di ricerca, riappropriandosi gradualmente della genialità, della valenza "d’eccellenza artigiana" di cui godeva meritatamente nell’antichità, ai tempi del Caravaggio, di Michelangelo, di Leonardo Da Vinci…
Gianpiero De Salvo

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